mercoledì 21 dicembre 2011

la fatina e la neve


Sopra un fungo tutto rosso,
che di neve aveva il manto,
singhiozzava a più non posso,
inzuppata dal suo pianto,
una minuscola fatina,
azzurra come il cielo,
coperta da un fragile velo,
fatto di ghiaccio e di brina.

Stava lì poco distante,
seduto sopra un grande masso,
un buffo gigante,
basso,brutto e molto grasso.
-         Come mai ti lamenti?
disse alla sventurata.
-         Ti hanno forse bastonata?
Ti hann rubato tutti i denti?

-         Sono la fata piagnucolosa,
Rispose con un fil di voce.
-         piango di mio, per ogni cosa!
Ma la mia vera croce
è purtroppo questo inverno,
che mi gela ogni luccicone,
così cieca per la disperazione,
son condannata al pianto eterno.

Fu un attimo e il grasso gigante,
che rideva tutto il tempo,
trovò la soluzione brillante
per il noioso contrattempo.
-         Stamattina, guarda caso,
non ho fatto colazione
mangio il freddo in un boccone,
così caldo avrai il naso!

Fu così che divorò tutta la neve fiocco a fiocco.
Lesto fiorì il pesco e fece i frutti  l’albicocco.
Un leggero tepore rese ogni cosa paradiso
e persino la fatina fece al mondo un gran sorriso.

martedì 2 agosto 2011

Il grillo magico



Il grillo Umberto, saltando un mattino
da un filo d’erba ad un ciclamino,
notò, vestita di gran gala,
una splendida ed esile cicala.

«Dove vai così ben vestita?»
Disse, facendo un po’ il piacione.
«Ce sta ‘na festa al “Margherita”
organizzata da un calabrone»,
rispose la cicala modaiola,
«Non c’andrai mica sola? »,
aggiunse lesto il grillo.
«Sto ad aspettà una coccinella,
è in ritardo , per farsi bella,
gl’ho già fatto uno squillo»

«C’è da aspettare, mi son persuaso,
e ti dispiace, se puta caso,
così per rompere il ghiaccio
ci diamo un bell’abbraccio? »

Si scoprì miracolosamente
che nun je dispiaceva manco pe’ nniente.
Fu così che tra gli amaranti
si scoprirono dolci amanti.

Col passar delle stagioni
i due si persero di vista.
Son normali situazioni
di bisogni e privazioni,
di sconfitte e di conquista,
di torti e di ragioni

Una sera il grillo Umberto,
che amava la magia,
da stregone assai esperto
di sortilegi e fattucchieria,
per rivedere la cicala,
affidò ad una fiala
le parole del suo amore,
miste a polline di fiore.

La cercò per il campo
e, vedendola voltata,
veloce come un lampo,
la fiala stappò dapprima
e ne lasciò poi uscire una serenata
di parole senza rima:

“E, quando mi vedrai, abbracciami!
Non come se fosse l'ultima volta
ma come se non fosse mai esistito un primo abbraccio.”


La stregoneria di colpo fece effetto,
ma al grillo sfuggì un difetto.
Perché la sorte è una buffa cosa
e si prese gioco della magia portentosa,
poiché ad essere voltata
non era la cicala amata.
Si accorse così che la nuova sposa
era una mantide religiosa.