domenica 2 marzo 2014

La fata innamorata


Una maga senza forma,
un mattino un po' bizzarro,
ordinò a grano e farro:
«Fate che egli dorma!»,
indicando un contadino,
che lavorava lì vicino.


Fu così che ogni spiga,
mossa da un lieve maestrale.
tesa al cielo come riga.
intonò un madrigale.


Il canto ammaliante
tosto avvolse il fattore
con un ritmo costante
che lo indusse nel torpore.


La fata inconsistente,
dal prodigio soddisfatta,
prese gli occhi di un serpente,
colse un bel pugno di paglia,
strappò un pelo ad una gatta
e ad un elfo rubò la maglia.


In una pentola di coccio
mise tutto il suo bottino
e ,aggiungendo coda di sorcio, 
invocò Giove e Odino,
cosicché  per destino 
venne fuori un bel fantoccio.


Ma gli dei della bufera,
nominati dalla maga,
pretesero una paga
dall'ignara fattucchiera:
nascondeva un tranello
il pupazzo giovincello.

Appena la maga innamorata
 strinse il fantoccio al petto,
capì di esser stata fregata
dal divino dispetto:
il calore  del suo cuore
per l’amante fu veleno,
visto che  avvolse di fiamme
il fidanzato paglia e fieno.

Divenne  cenere il pupazzo
e in balìa del vento
volò in cielo come un razzo
come ogni amore spento.